Dalanzadgad, 13 giugno 2001

Dalanzadgad, la cittadina sperduta, fitta di "gher", le tradizionali tende mongole, capitale della regione del Gobi. Dormo in un albergo in condizioni pietose, ma va comunque bene per fare una bella doccia.

A questo punto il deserto vero l'ho lasciato alle spalle. Con le sue magnifiche dune, le distese popolate di animali. Mi rimangono 600 km per rientrare sulla capitale Ulaan Baatar. E' una pista polverosa che tocca solo due piccoli centri, tra queste la cittadina di Mandalgovi ed il villaggio di Belgherzog.
Alle otto di mattina faccio il pieno di carburante ad una pompa di Dalanzagad, la pompa funziona a mano, con una manovella e la benzina è a soli 76 ottani. Aggiungo un po' di additivo ed il motore gira a dovere.

Saluto la mia assistenza e parto. La mia preoccupazione va continuamente alle loro macchine, che continuano nonostante tutto a marciare, pur con qualche piccolo inconveniente.
Verso le cinque di pomeriggio decido di fermarmi al riparo di una piccola roccia, il vento soffia fortissimo. Scopro un nido di aquile, la mamma deve essere a caccia, perché ha lasciato i suoi due piccoli sulla roccia. Mi sembra un evento eccezionale, pur se il cielo del Gobi è sempre sorvolato da questi giganti.
Verso le otto vedo i fari delle Uaz della mia assistenza.

La spedizione è riunita e stasera Orazio, il fotografo, ci fa una sorpresa: fa uscire dal suo zaino, come da un cilindro magico, spaghetti e pomodoro...