Sevrei, 9 giugno 2001

Una specie di "soffiata": ci sono pitture rupestri nelle vicinanze di Sevrei.

Edi allunga le orecchie: le trovo io. Studia la mappa della zona ad ovest di Dalanzadgad, e sui rilievi morfologici evidenti traccia un triangolo. Dovrebbero, potrebbero essere lì.
Distribuisce i punti GPS dei suoi waypoints al resto della spedizione e sparisce nella polvere lasciata dalla Transalp. Ma il deserto è avventura, volente o nolente. Come noci lanciate dalle nuvole una pioggia battente investe il protagonista del Desert Challenge. Primo stop. Fuori la tuta antiacqua, un oggetto scaramantico peraltro più volte tornato utile, e di nuovo in cammino. Il primo appuntamento con le Uaz degli altri componenti la spedizione è a 110 km.

Edi si ferma, tracanna un po' di sali minerali del suo integratore preferito e si sdraia all'ombra della sua moto (intanto è tornato il migliore sole-martello del Gobi). Passa un'ora, poi un'altra mezza, degli amici neanche l'ombra (magari). Torniamo indietro, pensa il quattro volte vincitore della Dakar, e vediamo cosa hanno combinato i miei "pards".

Niente di strano, una delle Uaz della spedizione è ferma i pista. Ha sparso nel deserto un'altra perla della sua tecnologia, questa volta la linea completa di scarico. Dietro front, bisogna guadagnare quel villaggio intravisto ad est della pista, km e km indietro. Al paese si lancia la sfida della solidarietà. Un generatore grosso come una punto parte tossendo, alimenta un raddrizzatore grosso come una scrivania, il quale a sua volta fornisce la corrente ad una saldatrice. In meno di un'ora il peschereccio del deserto è pronto a solcare di nuovo le onde delle prime dune del Gobi.

L'appuntamento con le incisioni sulla roccia è rimandato di un giorno. Cose che capitano.